LA RESIDENZA DEI PURI SENTIMENTI
All’inizio degli anni Cinquanta del xx secolo, a Mosca, crebbero quasi in un lampo sette giganteschi edifici o, come li battezzò il popolo, «altopalazzi». Si segnalavano non solo per le dimensioni, ma anche per la grandiosità dell’architettura. Gli architetti e scultori sovietici che crearono e abbellirono queste strutture vollero sottolineare in maniera inequivocabile il proprio legame con la grande tradizione, con le opere di maestri dell’età di Pericle come Ictino, Fidia e Callicrate.
Questo legame fra le due epoche è particolarmente avvertibile nel gigante abitativo che distende le sue due ali insiem congiunte alla confluenza fra la Moscova e la Jauza. Proprio qui prendono alloggio tutti i principali eroi delle nostre scene, proprio qui saranno destinati a passare attraverso il crogiolo dei puri, quasi utopistici sentimenti che caratterizzarono quell’epoca asettica. Prendete la parte centrale, cioè la più elevata. La sua guglia ciclopica poggia su un colonnato che evoca nella memoria culturale l’Acropoli di Atene con il suo indimenticabile Partenone, con la sola differenza che la funzione della possente roccia cittadina è qui svolta dallo stesso gigantesco edificio a più livelli, i cui contrafforti non sono destinati al culto degli dei, ma al superbo soggiorno dei migliori cittadini dell’atea Unione delle Repubbliche.
Dal punto di vista del legame con l’eredità classica sarà curioso esaminare anche i gruppi scultorei che coronano i colossali archi d’ingresso dell’edificio, alti diversi piani. I gruppi periferici rappresentano lo slancio verso la felicità, mentre quelli centrali sintetizzano questi slanci in un’apoteosi: la felicità è raggiunta! Le figure maschili dei rilievi sono nude fino alla cintola, a evidenziare la possanza veramente olimpica delle articolazioni delle spalle, così come l’indistruttibile solidità dei torsi. Le figure femminili invece, benché drappeggiate in parvenze di tuniche greche, creano la netta impressione di una ricchezza interiore. Per quanto riguarda le figure infantili, sottolineano l’eterno leninismo della nuova generazione: calzoncini al ginocchio, manichine al gomito, fazzoletti sventolanti, trombe di richiamo. Sopra tutti questi gruppi scultorei di slanci e apoteosi garriscono bandiere di pietra. Grappoli, covoni e coppe ricolme completano la composizione e simbolizzano la prosperità. È interessante che il dinamismo dei rilievi sembri concludersi nella staticità delle sculture a tutto tondo, collocate ora qua, ora là sui cornicioni dell’edificio. Queste poderose statue con i loro astratti strumenti di lavoro incarnano in maniera perfettamente logica il coronamento del fine perseguito.