LE ORIGINI DEL GULAG STALINIANO

Il 27 giugno 1929, al fine di economizzare risorse statali, il Politbjuro prese la decisione di creare al posto del sistema di luoghi di reclusione esistente (fondamentalmente carceri) una rete di campi in cui i detenuti dovessero lavorare e mantenersi con il loro guadagno. Nei campi di concentramento dell’OGPU, ribattezzati con questa risoluzione campi di lavoro correzionale (Ispravitel'no-Trudovye-Lagerja, ITL) venivano trasferiti tutti i condannati ad almeno tre anni di reclusione. In aggiunta all’unico allora esistente, il campo a destinazione speciale delle Solovki, erano quindi creati nuovi lager (con una «capienza» complessiva di 50000 detenuti). I campi dovevano sorgere in regioni lontane, al fine di colonizzarle e sfruttarne «le ricchezze naturali tramite l’utilizzo del lavoro degli internati». I condannati a meno di tre anni di reclusione restavano di competenza dei commissariati del popolo agli affari interni delle repubbliche e dovevano lavorare in colonie agricole o industriali appositamente create.
Questa decisione sarebbe forse rimasta solo uno dei tanti tentativi di riorganizzare il sistema penitenziario, se non avesse coinciso con avvenimenti che predeterminarono non solo il destino dei lager, ma anche il corso della storia sovietica nel suo complesso. Avendo adottato nel 1929 la politica dell’introduzione forzata dei kolchoz nelle campagne e del balzo industriale, la leadership staliniana procedette a un’epurazione di massa allo scopo di isolare o annientare quella parte della popolazione che realmente o potenzialmente si opponeva ai  programmi del governo. La collettivizzazione nelle campagne fu accompagnata da arresti di massa, fucilazioni e deportazioni di contadini, soprattutto agiati (i cosiddetti «kulaki»), e anche dell’intelligencija rurale, compreso il clero. Nelle città l’OGPU montava numerosi processi contro «organizzazioni controrivoluzionarie», colpendo prevalentemente la vecchia intelligencija, i cosiddetti «specialisti borghesi». I famosi processi del «caso di Šachty» (1928), del «Bureau unificato dei menscevichi», dell’«Unione per la liberazione dell’Ucraina», del «Partito industriale» (1929-1930) ecc. costituivano soltanto la punta dell’iceberg delle repressioni di massa nell’ambiente dell’intelligencija cittadina. Fra questi avvenimenti si può citare anche l’epurazione organizzata nello stesso partito bolscevico, la VKP(b), contro i cosiddetti «elementi di destra», fautori di una politica più moderata.
Queste azioni repressive di massa mutarono i piani originari di organizzazione del sistema penitenziario. Da una parte, i lager crebbero molto più rapidamente di quanto fosse previsto. Dall’altra, finirono sotto la giurisdizione dell’OGPU i cosiddetti insediamenti speciali, dove vivevano centinaia di migliaia di contadini deportati. A poco a poco, a prezzo di enormi sofferenze, questo gruppo iniziale di lager e insediamenti speciali (specposëlki) venne configurandosi come un sistema organizzato di terrore e sfruttamento del lavoro forzato.