Per quanto gli uomini, riuniti a centinaia di migliaia in un piccolo spazio, cercassero di deturpare la terra su cui si accalvano, per quanto la soffocassero di pietre, perché nulla vi crescesse, per quanto estirpassero qualsiasi filo d'erba che riusciva a spuntare, per quanto esalassero fumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, - la primavera era primavera anche in città. Il sole scaldava, l'erba, riprendendo vita, cresceva e rinverdiva ovunque non fosse strappata, non solo nelle aiuole dei viali, ma anche fra le lastre di pietra, e le betulle, i pioppi, i ciliegi selvatici schiudevano le loro foglie vischiose e profumate, i tigli gonfiavano i germogli fino a farli scoppiare; le cornacchie, i passeri e i colombi con la festosità della primavera già preparavano i nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri, scaldate dal sole. Allegre erano le piante, e gli uccelli, e gli insetti, e i bambini. Ma gli uomini - i grandi, gli adulti - non smettevano di ingannare e tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini ritenevano che sacro e importante non fosse quel mattino di primavera, non quella bellezza del mondo di Dio, data per il bene di tutte le creature, la bellezza che dispone alla pace, alla concordia e all'amore, ma sacro e importante fosse quello che loro stessi avevano inventato per dominarsi l'un l'altro.
          Così nell'ufficio del carcere provinciale non si riteneva sacro e importante che a tutti gli animali e gli uomini fosse data la tenerezza e la gioia della primavera, ma si riteneva sacro e importante che alla vigilia fosse giunto un foglio numerato con timbro e intestazione, secondo il quale per le nove del mattino di quel giorno, 28 aprile, dovevano essere consegnati tre detenuti che si trovavano nel carcere in attesa di giudizio: due donne e un uomo. Una di queste donne, in quanto principale imputata, doveva essere consegnata separatamente. Ed ecco, in base a quell'ordine, il 28 aprile, alle otto del mattino, nel buio e maleodorante corridoio del reparto femminile entrò il capocarceriere. Dietro di lui entrò nel corridoio una donna con il volto sfinito e i capelli grigi e ondulati, che indossava una blusa con le maniche gallonate e una cintura dall'orlo blu. Era la sorvegliante.
          - Vuole la Maslova? - domandò avvicinandosi con il carceriere di turno a una delle porte delle celle che si aprivano sul corridoio